Lo doloroso amor che mi conduce
a fin di morte per piacer di quella
che lo mio cor solea tener gioioso,
m'ha tolto e toglie ciascun di la luce
che avean li occhi miei di tale stella
che non credea di lei mai star doglioso:
e 'l colpo suo, c'ho portato nascoso,
omai si scopre per soverchia pena,
la qual nasce del foco
che m'ha tratto di gioco,
si ch'altro mai che male io non aspetto;
e 'l viver mio (omai esser de' poco)
fin a la morte mi sospira e dice:
«Per quella moro c'ha nome Beatrice».
Quel dolce nome, che mi fa il cor agro,
tutte fiate ch'i' lo vedrò scritto
mi farà nuovo ogni dolor ch'io sento;
e de la doglia diverrò si magro
de la persona e 'l viso tanto afflitto,
che qual mi vederà n'avrà pavento.
Ed allor non trarrà sì poco vento
che non mi meni, si ch'io cadrò freddo;
e per tal verrò morto,
e 'l dolor sarà scorto
con l'anima che sen girà si trista;
e sempre mai con lei starà ricolto,
ricordando la gio' del dolce viso,
a che niente par lo paradiso.
Pensando a quel che d'Amore ho provato,
l'anima mia non chiede altro diletto,
né il penar non cura il quale attende;
ché, poi che 'l corpo sarà consumato,
se n'anderà l'amor che m'ha si stretto
con lei a Quel ch'ogni ragione intende;
e se del suo peccar pace no i rende,
partirassi col tormentar ch'è degna,
si che non ne paventa;
e starà tanto attenta
d'imaginar colei per cui s'è mossa,
che nulla pena avrà ched ella senta;
si che, se 'n questo mondo l'ho perduto,
Amor ne l'altro men darà trebuto.
Morte, che fai piacere a questa donna,
per pietà, innanzi che tu mi discigli,
va' da lei, fatti dire
perché m'avvien che la luce di quigli
che mi fan tristo, mi sia cosi tolta:
se per altrui ella fosse ricolta,
falmi sentire, e trarrà' mi d'errore,
e assai finirò con men dolore.
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